Nata nel 1874 come Cantoni Krumm, piccola azienda per la fabbricazione di telai meccanici a servizio dell’industria tessile, dal 1876 fu diretta da Franco Tosi, giovane ingegnere formatosi al Politecnico di Zurigo, da cui nel 1881 prenderà il nome, divenendo Officine Meccaniche Franco Tosi (o Franco Tosi). Egli diversificò la produzione costruendo motrici a vapore (di cui una è al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano), motori a vapore e diesel, turbine e caldaie, utilizzate nell’industria e nelle centrali elettriche (tra cui quella di Montemartini a Roma), portando l’azienda a una rapidissima espansione e all’apertura, nel 1914, di cantieri navali a Taranto. 

Dotata di un proprio ufficio tecnico già dal 1879, caratteristica di un’industria in continua evoluzione, a partire da un primo nucleo lungo la ferrovia si ingrandì tra ‘800 e ‘900, con la progressiva aggiunta di fabbricati e reparti funzionali alle richieste produttive (uffici tecnici e amministrativi, gallerie per la torneria leggera e pesante, sezione montaggio, fonderie di bronzo e ghisa, officina calderai, locale modellisti, magazzini, ecc.), fino a saturare l’area tra piazza Monumento e via San Bernardino. Tra gli edifici più interessanti la fonderia in ghisa, con tetto a lanterna su colonnine in ghisa, e quella di ghisa e bronzo, a campate parallele con tetto piano e travi reticolari. 

Citata nei Manuali del tempo tra i più interessanti e avanzati stabilimenti metallurgici, con capannoni “imponenti e massicci – in quei rossi mattoni che imprimono a ogni architettura, anche se intesa a scopi moderni, una caratteristica tutta lombarda”, internamente aveva l’aspetto di “un’officina da fabbro”, con abbondanza di luce e aria, carrelli in quota per lo spostamento dei pezzi e binari di servizio raccordati alla ferrovia per il trasporto della materia prima e fusa, a comporre un “insieme ordinato, grandioso, imponente, che lasciava nel visitatore un’impressione di patrio progresso, di civiltà”. 

Durante la prima guerra mondiale fu riconvertita alla produzione di materiali bellici (artiglieria per l’esercito regio), con la comparsa delle donne nello stabilimento. Nello stesso periodo l’azienda acquistò la ex Wolsit in via XX Settembre (dove poi si produrrà la bici “Legnano”), destinando una parte dell’area a fonderia d’acciaio (Stabilimento Ovest): a partire da un primo capannone lungo e stretto, parallelo alla via Rossini, attraverso la progressiva aggiunta di moduli si costituì l’attuale edificio a tre campate in mattoni – ancora esistente anche se abbandonato – con finestre ad arco, infissi metallici e lucernari in copertura, internamente caratterizzato da pilastri reticolari e capriate in metallo. 

Nel secondo dopoguerra, anche grazie alla realizzazione di componenti per il nucleare, la Tosi raggiunse un’importanza a livello mondiale divenendo un vero colosso, con oltre 6.000 lavoratori negli anni ’70 (periodo di maggior sviluppo). Ci fu un ampliamento del sito produttivo (fino al cimitero e oltre la ferrovia), con la costruzione di nuovi capannoni e la sostituzione di alcuni fabbricati storici con altri più moderni. Con la fine degli anni ‘80 iniziò la crisi, con una serie di passaggi di proprietà (tra cui l’Ansaldo), fino al fallimento nel 2013 e il successivo acquisto di un ramo d’azienda da parte del gruppo Presezzi (Franco Tosi Meccanica), che si spera possa farla rivivere, almeno in parte.

Patrizia Dellavedova

La collezione Tosi