FONDO SALVATORE TUBO
Canne fumarie, comignoli e ciminiere industriali
L’origine di tutto sta sicuramente nel fatto che, parcheggiando tutte le mattine nei dintorni dell’ex Calzaturificio Borri per recarmi al lavoro, mi sia caduto l’occhio, più di una volta, sulla ciminiera accanto al fabbricato, forse perché colpita da una luce particolare del mattino o del tardo pomeriggio o forse solo per la sua imponenza.
Fatto sta che ad un certo punto mi prese la curiosità di cercare dove fossero tutte le altre, considerato che Busto Arsizio era un tempo definita “la città delle 100 ciminiere”.
Ci misi poco a scoprire che ne erano rimaste ben poche e molte di queste ridotte in altezza.
Non sospettavo però che la curiosità si sarebbe spinta oltre e che la ricerca avrebbe comportato la lettura di documenti e pubblicazioni sulla storia di questa città che, tra la fine del XIX° e gli inizi del XX° secolo, fu caratterizzata da uno sviluppo senza precedenti ed in particolare della attività di lavorazione delle fibre tessili. Tale sviluppo portò alla trasformazione di quella che era una antica tradizione artigianale in una fiorente attività industriale e nel contempo favorì una vera trasformazione della città anche in campo edilizio ed urbanistico. Come afferma in “Conoscere la città di Busto Arsizio” Augusto Spada “l’accelerazione dell’industrializzazione trasforma la città in un immenso opificio e introduce nel paesaggio urbano i nuovi simboli di una religione laica: le cattedrali sono gli immensi stabilimenti, i loro campanili le ciminiere”.
Ho cominciato quindi a vedere le ciminiere come un patrimonio storico da salvaguardare, l’esile traccia, assieme a poche altre, che ancora può stimolare la conoscenza delle origini della propria città e capire il carattere di chi la abita.
Da qui l’idea di una raccolta fotografica, per documentarne la presenza (il più delle volte in stato di abbandono), dalle più antiche e pregiate in mattoni alle più recenti in calcestruzzo o acciaio, per fissarle nella nostra memoria, per toglierle dall’oblio, per suggerirne il recupero e la valorizzazione, anche solo visiva, come un monumento alla memoria di un periodo molto importante della storia della propria città.