Archeologia industriale in Lombardia
Fotografie di Silvia Lagostina, Roberto Venegoni, Stefano Barattini
Palazzo Leone da Peregp – via E. Gilardelli, 10
- orari di visita: sabato, domenica e festivi 10.00/12.30 e 15.00/19.00
- chiusura: 24, 25, 30 dicembre e 1 gennaio
- visite guidate per gruppi e scuole: ufficio.cultura@comune.legnano.mi.it
La fotografia da molti anni ricopre un ruolo predominante nella documentazione del territorio, del paesaggio e delle architetture, offrendo a studiosi, amministratori e storici punti di vista sui quali dibattere per valorizzare gli spazi dell’abitare.
Questa mostra, propone il lavoro di tre fotografi, che da molti anni si occupano principalmente di luoghi in abbandono e di periferie, con stili diversi che si amalgamo e divengono narrazione.
Le immagini scelte non sono finalizzate a generare controversie, ma piuttosto fungono da utile strumento per indagare e studiare la civiltà industriale degli ultimi decenni, e con essa la storia della società, dei lavoratori, dell’espansione urbanistica legata indissolubilmente allo sviluppo delle fabbriche.
Può apparire strano che dentro quelle fotografie vi siano tanti concetti, ma osservandole attentamente possiamo cogliere vissuti, tracce, ambienti, relazioni con l’esterno, suggestioni che il tempo non ha raschiato, lasciando alla natura il compito di inglobare e celare i manufatti fatiscenti, soffocando nel silenzio strutture e oggetti che inducono alla reminiscenza.
Evocare è il fil rouge di questa esposizione, che si nutre del passato recente per proiettarsi in un futuro di riconversione, che la ri-visitazione visiva esalta, mettendo in luce il rapporto spazio-tempo, obsolescenza e progettualità del riuso. Tracce materiali che i tre autori hanno saputo tradurre in forme, colore, prospettive, qualità estetiche che superano la più banale logica della denuncia, restituendo a queste cattedrali del lavoro la giusta dignità, in chiave elegiaca, senza malinconie, lasciando all’istinto, alla composizione e alla luce di contemplare gli spazi, in attesa di nuovi bagliori.
Stefano Barattini
Ha iniziato a fotografare nel 1979, quando ha iniziato a viaggiare. Da allora, nella sua vita, fotografia e viaggio si sono fusi in un legame indissolubile. Ha iniziato la sua collaborazione quinquennale con la rivista Mototurismo nel 1990, seguita da quella con Scooter Magazine, dove ha pubblicato diversi reportage di viaggio e alcuni articoli aggiuntivi sul mondo degli scooter. Dopo una pausa di riflessione, nel momento in cui l’era digitale stava prendendo vita, è tornato a fotografare sfruttando le nuove tecnologie disponibili. Il suo focus era sempre sui viaggi e in particolare sull’Africa. L’architettura (con un interesse particolare per il periodo razionalista) e gli spazi suburbani in continua espansione dove la presenza umana è, nei suoi scatti, il più delle volte assente, sono temi che affronta periodicamente. Da circa 5 anni fotografa con grande interesse e soddisfazione luoghi abbandonati, in particolare aree industriali. Luoghi che presentano un fascino unico, dato da luci e ombre, polvere, odori e grande silenzio, e soprattutto dai ricordi. Sono proprio questi ricordi, queste tracce del passato, che lui ricerca e cattura con questa macchina fotografica, perdendosi nell’ambiente circostante per trovare l’inquadratura appropriata e la luce giusta per rappresentarli al meglio. Una sorta di universo parallelo a noi vicino che la fotografia contribuisce a far rivivere per un istante. Di recente ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia aerea con i droni. Questo strumento consente di avere una visione diversa da chi è “con i piedi per terra”, e di registrare immagini del territorio difficilmente raggiungibili dall’occhio umano se non tramite strumenti esterni come elicotteri o aerei da turismo. La sua ricerca è volta a scoprire quali geometrie si nascondono nella costruzione e gestione dei campi artificiali.
Silvia Lagostina
dal 2005 fotografa fabbriche, conventi, colonie abbandonate, qualsiasi edificio lavorato dal tempo, con la convinzione che le rovine e gli oggetti che in esse si trovano, possano per contrasto esprimere nella nostra società improntata sul consumo veloce, valori paradigmatici eterni e destini estetici. In particolare le sedie che si trovano in questi posti o lungo strade di campagna o in qualunque posto esse vogliano farsi trovare. Dal 2015 il suo sguardo si è allargato alla fotografia di paesaggio urbano e d’architettura, con una predilezione per gli spazi periferici, lo studio della forma e il suo riflesso sull’abitare, il legame mai neutro tra essere umano e luogo. Ha collaborato con Afi esponendo in villa Pomini a Castellanza, nello Spazio ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese in occasione del Festival Fotografico Europeo e in Francia, ad Aix en Provence nella collettiva “Territori in mutamento”. A questo affianca interventi col Servizio psichiatrico territoriale del V.c.o. sul tema dei disturbi alimentari e recentemente col “progetto giardino” nel reparto psichiatrico dell’ospedale Castelli di Verbania.
Roberto Venegoni
nasce a Legnano nel 1971. Inizia a fotografare con una Olympus OM1 intorno ai 12 anni grazie al padre Giancarlo, appassionato di fotografia, dal quale impara anche le tecniche della camera oscura. Cresciuto in un territorio dove il panorama è costituito da ciminiere e da fabbriche, nel momento in cui comincia a sviluppare progetti fotografici gli viene naturale documentare le fabbriche abbandonate e il paesaggio industriale che le circonda, residui di un mondo in trasformazione che vede via via scomparire i luoghi produttivi. Il recupero della memoria attraverso la fotografia diventa per Roberto, nel corso degli anni, l’occasione per esplorare il territorio e le proprie radici. Il suo archivio di luoghi abbandonati comprende oggi più di 150 luoghi tra ville, fabbriche, ospedali psichiatrici, colonie. Da qualche anno ha allargato i propri interessi alla fotografia di paesaggio, alla fotografia d’architettura e alla fotografia di documentazione degli spazi urbani. Nella sua visione, sempre alla ricerca di geometrie e di linee, tutto merita di essere fotografato, luoghi affascinanti e luoghi assolutamente anonimi sono una costante nella sua ricerca dell’essenziale. Nelle sue fotografie tende ad escludere la figura umana per cercarne la presenza nei luoghi e nei suoi manufatti. I progetti di Roberto hanno un inizio ma, solitamente, non hanno una fine, seguono e assecondano infatti in maniera quasi ossessiva la trasformazione del paesaggio nel corso degli anni. Ha esposto per la prima volta nel 2009 in una colletiva sull’archeologia industriale a Solbiate Olona. Da allora ha esposto per l’Afi vari progetti nei comuni di Castellanza, Nerviano, Milano, Legnano e in Francia al Festival Phot’Aix a Grenoble nell’abito di Grenoble Vit L’Europe e ad Arles Voies off 2018. Ha partecipato alla pubblicazione di tre libri collettivi. Da qualche anno collabora costantemente con l’Archivio Fotografico Italiano.
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